Sentenza della Corte di Cassazione | Verdict of the Supreme Court

Ieri, 20 novembre 2015, la Corte di Cassazione ha confermato l’innocenza di Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Claudio Eva, Gian Michele Calvi, in relazione ai fatti del terremoto dell’Aquila e alla riunione della c.d. Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009. La Corte Suprema ha rigettato tutti i ricorsi del Procuratore Generale dell’Aquila e delle parti civili, confermando le conclusioni del processo di Appello, secondo cui per i sei imputati il fatto non sussiste. Per Bernardo De Bernardinis, vice-capo del Dipartimento di Protezione Civile all’epoca dei fatti, è stata confermata la condanna in relazione ad alcune delle vittime.

La sentenza della Corte Suprema rende giustizia ai nostri colleghi e all’INGV che ha sempre continuato a lavorare con impegno nella ricerca sui terremoti e nella riduzione del rischio sismico, a fianco dei cittadini dell’Aquila e nell’interesse delle popolazioni esposte ai terremoti.

 

Yesterday, November 20, 2015, the Supreme Court definitively cleared Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Claudio Eva, Michele Calvi from to the accusations related to the L’Aquila earthquake and the expert meeting (defined Commissione Grandi Rischi) held on March 31, 2009. In the definitive judgment the Supreme Court rejected all the objections, thus confirming the verdict of the Court of Appeal of  November 10,  2014: the six experts have been cleared, whereas the conviction of Bernardo De Bernardinis (former vice-head of Civil Protection Department), with reference to some of the victims, was confirmed.

The final judgment of the Supreme Court establishes justice for our colleagues and for INGV which has continued its work in earthquake research and towards seismic risk reduction, together with the citizens of L’Aquila and for the population exposed to earthquakes.

Terremoti, Comunicazione, Diritto. Riflessioni sul processo alla “Commissione Grandi Rischi”

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È uscito in questi giorni il volume Terremoti, comunicazione, diritto. Riflessioni sul processo alla “Commissione Grandi Rischi”, edito da Franco Angeli. Il libro, curato da due sismologi dell’INGV, Alessandro Amato e Fabrizio Galadini, e da un sociologo della Sapienza Università di Roma, Andrea Cerase, si propone di rilanciare un dibattito sulla mitigazione del rischio sismico in una prospettiva marcatamente interdisciplinare.

Il libro verrà presentato il 17 giugno, presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma (Via Salaria 113). Alla presentazione, moderata da Marco Cattaneo, direttore de “Le Scienze”, parteciperanno tra gli altri Stefano Gresta, Presidente dell’Ingv, Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, Leonardo Cannavò, professore ordinario e sociologo della scienza, Marco Magheri, vice segretario generale dell’Associazione italiana comunicazione pubblica e istituzionale, altri esperti e giornalisti, oltre ad alcuni degli autori del libro.

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Nelle sue 372 pagine sono ospitati i contributi di 22…

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Motivazioni della Sentenza di Appello | Motivations of the Appeals’ Verdict

Pubblichiamo le motivazioni della Sentenza dell’Appello (depositate il 6 febbraio 2015) | We publish the motivations for the Appeal Verdict (available since February 6, 2015):

Sentenza di Appello Parte I | Part I of the Appeal Verdict

Sentenza di Appello Parte II | Part II of the Appeal Verdict

Sentenza di Appello Parte III | Part III of the Appeal Verdict

Sentenza di Appello Parte IV | Part IV of the Appeal Verdict

Un interessante commento alla sentenza si trova in questa pagina | An interesting comment to the Verdict is available at this link:

http://terremotiegrandirischi.com/2015/02/06/depositate-le-motivazioni-della-sentenza-dappello/

Sentenza della Corte di Appello | Verdict of the Court of Appeals

Assolti Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Claudio Eva, Michele Calvi. 

La Corte d’Appello dell’Aquila ha rideterminato in due anni la condanna inflitta in primo grado a Bernardo De Bernardinis che e’ stato come gli altri assolto per le imputazioni principali.

The Appeals Court has cleared Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Claudio Eva, Michele Calvi;  Bernardo De Berardinis is convicted to two year of prison. He was, like the others, cleared of the main charges.

Ultima udienza del processo di Appello: dichiarazioni di Giulio Selvaggi

Stamattina si è tenuta l’ultima udienza del processo di Appello a L’Aquila.

Nella fase iniziale, prima degli avvocati difensori, ha parlato il nostro collega Giulio Selvaggi rilasciando la dichiarazione che riportiamo in foto.

Dichiarazioni di Giulio Selvaggi all'ultima udienza del processo di Appello a L'Aquila.

Dichiarazioni di Giulio Selvaggi all’ultima udienza del processo di Appello a L’Aquila.

La presidente della Corte di Appello a fine mattinata ha annunciato la sentenza tra le ore 16 e 17 di oggi.

Giulio Selvaggi statement at the hearing this morning

I started my career in Seismology in 1987, recording earthquakes in Umbria with instruments that used smoked paper. After almost thirty years my job is substantially the same. I still record earthquakes but now data are transmitted in real time using broad band connections, wifi, satellite channels, digital data, centralized networks, etc., thus only the technology has changed but not the goal of my studies. During these thirty years, I have studied in detail most of the seismic sequences that occurred in Italy. My colleagues and I have understood fundamental aspects related to the loading and the release of the seismic energy, sharing these results with the international scientific community through publication on international scientific journals. As researchers in seismology, our goal has always been advancing the understanding of earthquake process, aware that our work implied an important contribution to the operational choices for citizens’ safety.

The study of the elementary particles, for instance, teaches us the secrets of the origin of life and universe and has an enormous cultural value. However, this kind of research has not a direct impact on the safety of the society. Earthquakes, on the contrary, shake people’s life often dramatically.

Being aware of the social role of the earthquake research, the seismological scientific community has concentrated its efforts on the only useful target in order to mitigate earthquake risk, that is the seismic hazard map. It represents the synthesis of the work of many scientists and includes both positive and negative results. Among the latter, first of all, the impossibility to carry out short term earthquake predictions.

The most recent version of the seismic hazard map is the attachment no. 1 of the Prime Minister Ordinance (April 28 2006 no. 3519, published in the Official Gazette of the Italian State in May 11, 2006). In other words, the map – to which I am honored to have collaborated – has a regulatory value and represents the best tool provided by science to society in order to perform a modern defence against the earthquakes.

The value of the map relies not only in its regulatory function -it imposes the public authorities to construct safe buildings- but also on its fundamental educational value. It has been done in a simple way and for an easy reading, thought for people who do not know anything about seismology: a colour scale where the purple represents the highest hazard. That is what we said on March 31: L’Aquila is purple!

I think there is nothing more important for a seismologist in a seismic country than service the society to understand what’s going on.

With this belief I went to the meeting on March 31 and I would go there again today to state the same things, always agreeing with the statement made at the end of that meeting reminding and underlying the importance of prevention. However, the conscience of having spoken with scientific rigour and with honesty does not attenuate, as in the past, my grief for the victims of this earthquake.

This is what I wanted to say and I thank you all for listening to me.

The sentence is expected at  5 p.m.

Quando iniziò lo sciame sismico all’Aquila?

La sismicità dopo il 6 aprile 2009 in un profilo verticale attraverso la faglia del 6 aprile 2009 (da Valoroso et al., 2013)

La sismicità dopo il 6 aprile 2009 in un profilo verticale attraverso la faglia del 6 aprile 2009 (da Valoroso et al., 2013)

Tra pochi giorni verrà emessa la sentenza del processo di appello. Dall’esame dei documenti del primo grado di giudizio, in particolare delle motivazioni della sentenza, rese pubbliche a gennaio 2013 e dai commenti che sono seguiti, è emersa una certa confusione su elementi scientifici di base (per un’analisi dettagliata vedi qui). Ne affrontiamo qui due, legati tra loro: a) quando è iniziata la sequenza sismica sfociata poi nel terremoto del 6 aprile 2009? b) è lecito dal punto di vista scientifico definire quella sequenza uno “sciame” sismico?

L’inizio della sequenza

Per stabilire il momento d’inizio di una sequenza sismica esistono degli algoritmi semplici e accettati dalla comunità scientifica che permettono di distinguere una sequenza (o uno sciame) dalla cosiddetta sismicità di fondo. Quest’ultima è la sismicità che avviene sempre nelle zone sismiche, con tasso di attività variabile da zona a zona ma sostanzialmente costante al suo interno. All’interno della sismicità di fondo possono avvenire saltuariamente terremoti più forti ma, se non cambia il tasso di rilascio sismico, non si può dire che ci sia una sequenza sismica in atto.

Secondo le motivazioni della sentenza la sequenza sarebbe iniziata a giugno 2008. Ad esempio, già a pag. 22, si legge: La scossa in questione (main shock) si verificava nell’ambito di uno sciame sismico che durava già da diversi mesi (dal giugno 2008) e che, prima del 6.4.09, aveva registrato come evento maggiore la scossa di magnitudo 4.1 delle ore 15.38 del 30.3.09.

 La stessa data di giugno 2008 come inizio dello sciame viene citata molte altre volte (alle pagg. 148, 203, 261, 266, 268, 332, 343, 356, 357, 377, 391, 408, 417, 422, 430, 437, 449, 465, 466. 474, 475, 482, 487, 495, 502, 503, 511, 519, 529, 534, 634, 661, 664, 670). In una sola occasione viene fatta iniziare a dicembre 2008 (pag. 647), mentre altre volte viene detto genericamente “iniziato nel 2008”.

Vediamo come stanno le cose nella realtà, applicando l’algoritmo che si usa generalmente per questo tipo di analisi, quello di Paul Reasenberg (1985), sismologo del Geological Survey USA (USGS). L’algoritmo di Reasenberg  analizza le localizzazioni degli eventi sismici avvenuti e calcola il tempo che separa un evento da un altro e la distanza tra di essi: se questi avvengono entro un prefissato intervallo di tempo (per esempio 5 giorni) e in un’area definita (per esempio entro un raggio di 10 km), allora si può ipotizzare che essi appartengano a una sequenza.  Abbiamo chiesto a Franco Mele, sismologo del nostro Istituto esperto in questo tipo di analisi, di verificare se fosse possibile stabilire in maniera chiara il momento d’inizio della sequenza aquilana. Il risultato è che la sequenza è iniziata a gennaio 2009. In particolare, dice l’algortimo di Reasenberg, intorno al 7 gennaio 2009.

 

Distribuzione temporale dei terremoti nella zona aquilana (raggio 30 km intorno alla città) dall'inizio del 2008 al 29 marzo 2009. Ciascun simbolo rosso indica un terremoto la cui magnitudo è leggibile nell'asse verticale a destra. La linea rappresenta la cumulata del numero di eventi sismici (N sull'asse di sinistra è il numero totale): se la pendenza è costante significa un numero costante di terremoti, corrispondente alla sismicità di fondo. Dove si osserva un aumento della pendenza (gennaio 2009) si ha una sequenza o sciame.

Distribuzione temporale dei terremoti nella zona aquilana (raggio 30 km intorno alla città) dall’inizio del 2008 al 29 marzo 2009. Ciascun simbolo rosso indica un terremoto la cui magnitudo è leggibile nell’asse verticale a destra. La linea rappresenta la cumulata del numero di eventi sismici (N sull’asse di sinistra è il numero totale): se la pendenza è costante significa un numero costante di terremoti, corrispondente alla sismicità di fondo. Dove si osserva un aumento della pendenza (gennaio 2009) si ha una sequenza o sciame.

La figura sopra mostra chiaramente questo risultato: il tasso di terremoti del 2008 e dei primi giorni del 2009 è stazionario, come mostrato dalla pendenza praticamente costante della retta che indica il numero (cumulato) di eventi che avvengono nel periodo esaminato (trattandosi di un grafico cumulato, una pendenza uniforme vuol dire rilascio costante; in caso di nessun terremoto, la retta sarebbe orizzontale). Il cambio di pendenza (ossia la variazione nel numero medio di terremoti che avvengono nell’area) è abbastanza brusco e si verifica intorno alla metà di gennaio del 2009. Mele ha anche verificato che al variare dei parametri di input (ad esempio della finestra temporale entro la quale considerare due terremoti associati tra loro, in genere 5 giorni) il risultato non cambia. Se si considera un’area più ridotta, di 10 km intorno all’Aquila, la cosa appare ancora più evidente come vediamo nei grafici sotto.

Andamento nel tempo della sismicità dal 1/1/2008 al 30 aprile 2009 in un’area di 30 km intorno a L’Aquila. Ogni punto rappresenta un terremoto di magnitudo come nella scala a sinistra. La linea rossa indica l’inizio della sequenza. Si nota bene che l’andamento prima della linea rossa è variabile ma senza particolari addensamenti (ossia sequenze): è la sismicità di fondo.

Andamento nel tempo della sismicità dal 1/1/2008 al 30 aprile 2009 in un’area di 30 km intorno a L’Aquila. Ogni punto rappresenta un terremoto di magnitudo come nella scala a sinistra. La linea rossa indica l’inizio della sequenza. Si nota bene che l’andamento prima della linea rossa è variabile ma senza particolari addensamenti (ossia sequenze): è la sismicità di fondo.

 

Andamento nel tempo della sismicità dal 1/1/2008 al 30 aprile 2009 in un’area di 10 km intorno a L’Aquila. Ogni punto rappresenta un terremoto di magnitudo come nella scala a sinistra. La linea rossa indica l’inizio della sequenza. Si vede ancora meglio rispetto alla figura precedente l'inizio della sequenza a gennaio 2009

Andamento nel tempo della sismicità dal 1/1/2008 al 30 aprile 2009 in un’area di 10 km intorno a L’Aquila. Ogni punto rappresenta un terremoto di magnitudo come nella scala a sinistra. La linea rossa indica l’inizio della sequenza. Si vede ancora meglio rispetto alla figura precedente l’inizio della sequenza a gennaio 2009

 

Sciame o sequenza?

Il termine sciame sismico proviene dall’inglese seismic swarm e fu definito probabilmente per la prima volta dai sismologi giapponesi negli anni ’60 del ‘900 (Mogi, 1963; Utsu, 2002). Come per l’inglese swarm, anche in italiano il termine sciame viene usato generalmente per indicare un folto gruppo di insetti o più generalmente una moltitudine di individui o cose in movimento.

Premettiamo che sciame (sismico) e sequenza (sismica) non sono due termini alternativi: il primo è un tipo particolare della seconda, categoria più ampia usata per indicare un addensamento spazio-temporale di terremoti. Risulta sempre difficile stabilire se una sequenza può essere definita uno sciame perché, come scrive Utsu (2002) “non esiste una definizione esatta universalmente accettata di aftershocks, foreshocks, and seismic swarms”. Lo stesso Utsu fornisce la seguente definizione: “uno sciame sismico è una concentrazione (cluster) di terremoti in cui non c’è un singolo terremoto di magnitudo predominante (predominantly large)”. Uno sciame si distingue da una classica sequenza main shock – aftershocks per avere molti terremoti di diverse magnitudo distribuiti irregolarmente nel tempo.

Se guardiamo ai grafici sopra, notiamo come le magnitudo del periodo gennaio – marzo 2009 seguano un andamento di questo tipo, con valori compresi tra 1 e 3 praticamente in tutto il periodo. Quindi, secondo la classificazione di Utsu (2002), nel caso della sismicità aquilana prima del 6 aprile si tratta proprio di uno sciame. Anche i terremoti del periodo tra 30 marzo e 5 aprile rientrano nella tipologia di uno sciame, durante il quale la magnitudo dei terremoti può anche aumentare. Diverso il caso della sequenza dal 6 aprile in poi, in cui a un evento maggiore (ML 5.9, Mw 6.3) sono seguite migliaia di repliche tutte più piccole, che sono diminuite nel tempo in numero e magnitudo seguendo un andamento tipico definito come legge di Omori (1894): una classica sequenza main shock – aftershocks.

Sfatiamo quindi questa credenza, emersa anch’essa durante il processo di primo grado: il termine sciame sismico connota una tipologia di sequenza sismica ben nota da molti decenni e non contiene in sé nessuna valenza rassicurante.

Riferimenti bibliografici

Mogi K. (1963). Some Discussions on Aftershocks, Foreshocks and Earthquake Swarms – the Fracture of a Semi-infinite Body caused by an Inner Stress Origin and its Relation to the Earthquake Phenomena (third paper). Bull. Earthquake Res. Institute, 41, pp. 615-658.

Omori, F. (1894) On the aftershocks of earthquakes. Journal of the College of Science, Imperial University of Tokyo 7: 111–200

Reasenberg, P. (1985) Second-Order Moment of Central California Seismicity, 1969-1982. Journal of Geophysical Research, 90, 5479-5495.

Utsu T. (2002) Statistical features of seismicity. In: International Handbook of Earthquake and Engineering Seismology. Editors: W.H.K. Lee, H. Kanamori, P.C. Jennings, C. Kisslinger. International Geophysics, Volume 81, Part A. Elsevier, ISBN: 978-0-12-440652-0, p. 719-732.

Valoroso, L., L. Chiaraluce, D. Piccinini, R. Di Stefano, D. Schaff, and F. Waldhauser (2013), Radiography of a normal fault system by 64,000 high-precision earthquake locations: The 2009 L’Aquila (central Italy) case study, J. Geophys. Res., 118, doi:10.1029/2012JB009927.

The Aftershocks

Riportiamo la traduzione integrale di un interessante articolo pubblicato dal giornalista scientifico David Wolman sulla vicenda del processo (originale in inglese). Eventuali inesattezze o espedienti narrativi derivano dall’interpretazione del giornalista. Le immagini inserite non sono quelle della versione originale.

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Sette fra i migliori scienziati italiani sono stati condannati per omicidio colposo a seguito di un terremoto catastrofico. Il paese ha criminalizzato la scienza?

di David Wolman

Giulio Selvaggi dormiva quando la terra iniziò a tremare. Era la notte del 5 Aprile 2009, il direttore del Centro Nazionale Terremoti aveva lavorato fino a tardi prima di andare a casa. Dal modo in cui si muoveva il letto Selvaggi capì che il terremoto era forte, ma non vicino. Quando sei vicino all’epicentro di un forte terremoto è come essere un chicco di granoturco nella macchina dei popcorn. Quando sei lontano, il movimento è lento e regolare, vai avanti e indietro al passaggio delle onde sismiche. Selvaggi saltò giù dal letto, controllò il suo telefono senza trovare alcun messaggio. Andò in fretta in salotto per chiamare la Sala Sismica. “Dove è stato?” chiese. “L’Aquila, 5.8” fu la risposta. (Più tardi sarà classificato 6.2) Il primo pensiero di Selvaggi fu: almeno non è un 7. Un terremoto di magnitudo 7, localizzato a L’Aquila, città medioevale tra le montagne, avrebbe ucciso 10.000 persone.

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A un centinaio di chilometri da Roma, Giustino Parisse era già stato svegliato due volte dalle scosse. La seconda, alle 00:39 aveva agitato tutta la famiglia. Nel giro di controllo della casa Parisse, cinquantenne giornalista del quotidiano Il Centro, incontrò suo figlio adolescente nel corridoio. “Questo terremoto ci ha rotto” disse irrequieto Domenico, 17 anni. Questo terremoto ci sta rompendo le balle. “Lo so, lo so” rispose Parisse. “Però domani devi andare a scuola. Ora davvero devi tornare a letto”. Read the rest of this entry

Misure di Radon in atmosfera presso i laboratori dell’Università degli Studi dell’Aquila (G. Pitari e N. De Luca)

Con l’apertura, il 10 ottobre 2014, del processo di appello ai sette esperti assimilati alla Commissione Grandi Rischi, si è riacceso il dibattito sulla prevedibilità dei terremoti con le misure del gas radon. Una precisazione della dott.ssa Natalia De Luca in merito è stata pubblicata sul sito del Quotidiano Nazionale Universitario. In questo spazio ospitiamo un contributo scientifico sull’argomento da parte della stessa ricercatrice e di G. Pitari, entrambi del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università dell’Aquila. Anticipandone la conclusione, lo studio mostra che non ci fu alcuna variazione statisticamente significativa del flusso di emissione di Radon prima del terremoto del 6 aprile 2009.

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Misure di Radon in atmosfera presso i laboratori dell’Università degli Studi dell’Aquila

di Giovanni Pitari e Natalia De Luca

Il Radon-222 è uno dei tanti gas presenti in tracce nella nostra atmosfera. A differenza di molti inquinanti di origine prevalentemente o parzialmente antropica (come CO, NO, NO2, VOC, PM, O3) con sorgenti primarie legate all’utilizzo di combustibili fossili (traffico, caldaie, industrie, produzione di energia elettrica), il Radon-222 è un gas nobile di origine totalmente naturale. Proviene dal suolo in seguito al decadimento radioattivo del Radio-224. Essendo gassoso fuoriesce dalle rocce che costituiscono la crosta terrestre e poi decade con un tempo di vita di circa 5.5 giorni emettendo particele alfa e producendo la cosiddetta progenie di decadimento (Polonio, Bismuto ecc.). A loro volta questi sono altri radionuclidi ancora instabili (ma in forma solida), con successive emissioni di particelle alfa e beta, fino al raggiungimento dello stato stabile con il Piombo-206. Le emissioni alfa (nuclei di Elio molto energetici) fanno del Radon un gas molto pericoloso per la salute umana: è stimato essere la seconda causa di mortalità per cancro al polmone fra i non fumatori (fonte EPA).

Le emissioni del Radon dalla superficie terrestre sono molto variabili, a seconda della tipologia di suolo. Sono circa zero sull’oceano o su neve e ghiacci ed hanno un valor medio caratteristico di circa 1 atomo-Rn per centimetro quadro al secondo sulla terraferma. La concentrazione volumetrica di Radon viene normalmente espressa in funzione della sua attività radioattiva in unità di Becquerel per metro cubo, dove un Becquerel (Bb) rappresenta una disintegrazione al secondo (con produzione di una particella alfa). Il flusso di emissione può essere così convertito da atomi-Rn per unità di tempo e superficie in Bq per metro quadro al secondo: 1 atomo-Rn/cm2/s corrisponde a circa 21 milli-Bq/m2/s. Il flusso dal suolo può essere modulato da diversi fattori: temperatura e contenuto di umidità (Fig. 1) ed anche tipologia delle rocce costituenti il suolo. Molti studi in letteratura scientifica ipotizzano e dimostrano anche la possibilità che il flusso di emissione di Radon possa essere significativamente perturbato dall’attività sismica locale, sebbene non sia mai stato dimostrato un legame diagnostico-precursivo fra perturbazioni nel flusso di emissione di Radon e l’attività sismica registrata localmente.

Fig. 1. Sensibilità del flusso di emissione di Radon dalle condizioni di temperatura e umidità del suolo

Fig. 1. Sensibilità del flusso di emissione di Radon dalle condizioni di temperatura e umidità del suolo

La concentrazione di Radon può essere misurata in molti modi, a seconda che si tratti di rilevazioni in aria o in acqua, indoor o outdoor, e con diverse tipologie di strumenti. Tuttavia il modo scientificamente più rigoroso è quello della misura outdoor (cioè in atmosfera), posto che sono poi necessarie serie di dati significative e in parallelo ad altre acquisizioni di tipo meteorologico, finalizzate allo studio della dispersione del tracciante dopo la sua emissione dal suolo. Misure indoor potrebbero essere largamente falsate o comunque significativamente impattate da perturbazioni non controllate nella ventilazione dell’ambiente di misura. Nota la concentrazione di Radon in atmosfera ad una certa altezza dal suolo (ad esempio dieci o venti metri al di sopra della superficie) ed in funzione delle ore del giorno per una serie di giorni consecutivi, è possibile cercare di calcolare indirettamente il flusso di emissione dal suolo e confrontare un periodo di tempo potenzialmente perturbato (per esempio da attività sismica, vedi Fig. 2) con un periodo di riferimento “imperturbato”. Ciò è possibile disponendo di un certo numero di dati meteo indipendenti, in particolare la velocità del vento, la temperatura, il gradiente termico (cioè le differenze in quota della temperatura) ed il tasso di precipitazione.

Fig. 2. Misura dell’attività sismica a L’Aquila dalla decade centrale di Marzo 2009 (fonte INGV)

Fig. 2. Misura dell’attività sismica a L’Aquila dalla decade centrale di Marzo 2009 (fonte INGV)

Si deve avere cura, ovviamente, di selezionare un periodo imperturbato nello stesso arco temporale dell’anno rispetto al periodo perturbato, per avere la massima riproducibilità delle condizioni climatiche e meteorologiche. Questo è il motivo alla base della scelta di Marzo 2004 come “riferimento imperturbato” rispetto a Marzo 2009 (condizioni pre-sisma). In quest’ultimo caso, le acquisizioni effettuate presso il laboratorio di Geofisica dell’Università dell’Aquila sono terminate il giorno 24 Marzo 2009, per motivi organizzativi legati alla rotazione di diverse attività sperimentali nella didattica erogata per le lauree Magistrali in Fisica e Scienze Ambientali. Tuttavia la Fig. 2 mostra chiaramente la presenza di una attività sismica significativa anche nei giorni precedenti il 24 Marzo e quindi atti a vagliare l’ipotesi di un qualche tipo di correlazione con le emissioni di Radon dalla superficie.

A questo punto si osserva che nelle ore diurne la concentrazione di Radon è sempre molto bassa (in modo quasi indipendente dalle stagioni e dalle condizioni ambientali), perché le condizioni di instabilità convettiva favorite dal riscaldamento del suolo favoriscono in ogni condizione ambientale una efficiente “diluizione” del gas in tutto lo strato limite atmosferico sovrastante il sito di misura considerato (alto circa un km da terra). Di notte invece la situazione è diversa. In condizioni di elevata stabilità e stratificazione verticale, associate ad assenza di venti e inversione termica al suolo, il Radon tende ad accumularsi negli strati atmosferici più bassi, essendo la “diluizione” del gas proveniente dalla superficie limitata a poche decine di metri da terra (Fig. 3).

Fig. 3. Schema di emissione di Radon dal suolo e condizioni di accumulo o diluizione atmosferica

Fig. 3. Schema di emissione di Radon dal suolo e condizioni di accumulo o diluizione atmosferica

È in altre parole lo stesso meccanismo dinamico che in periodi di elevata stabilità atmosferica (alta pressione e forte inversione termica al suolo) può portare alla formazione delle nebbie notturne nel fondo valle, fino al loro diradamento seguente all’irraggiamento solare nelle prime ore del mattino e conseguente riscaldamento del suolo e scomparsa dell’inversione termica, con ripartenza del mescolamento convettivo verticale. L’anti-correlazione fra la concentrazione di Radon e l’intensità del vento è mostrata in Fig. 4.

Fig. 4. Andamento medio diurno di Radon ed intensità del vento in funzione delle stagioni

Fig. 4. Andamento medio diurno di Radon ed intensità del vento in funzione delle stagioni

Un metodo statisticamente affidabile per ottenere indirettamente il flusso di emissione del Radon dalle misure collezionate in outdoor ad una certa altezza da suolo, è quello di considerare solo gli eventi di accumulo notturno in condizioni di elevata stabilità atmosferica. Si può quindi calcolare la differenza in concentrazione di attività di Radon fra l’alba e la sera precedente (tipicamente confrontando i valori alle sei del mattino con quelli delle otto la sera). Questa differenza, divisa per l’intervallo di tempo espresso in secondi e moltiplicato per l’altezza dal suolo della rilevazione, dà una stima affidabile del flusso. L’operazione statistica fondamentale da fare, a questo punto, è quella di mediare più eventi di questo tipo e soprattutto calcolare la dispersione dei dati intorno al valor medio (esattamente la loro deviazione standard), al fine di ottenere un valore statisticamente significativo del flusso e del suo intervallo di incertezza. La dispersione dei valori è intrinsecamente legata al fatto che le condizioni di stabilità notturna non sono mai perfettamente uguali nei vari giorni considerati.

Le misure di Radon collezionate presso il Laboratorio di Geofisica del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università dell’Aquila durante la decade centrale di Marzo 2009 (e per confronto durante la stessa decade di Marzo 2004), e processate poi nel modo sopra descritto, hanno fornito i seguenti risultati per il flusso di emissione del Radon, espresso in mBq/m2/s:

Marzo 2009: 12.6, 22.4, 15.8, 22.3, 15.7, 18.3, 10.2, 12.3 per i giorni 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 23

Marzo 2004: 16.5, 15.4, 16.0, 18.9, 26.1, 18.5, 19.1, 10.8 per i giorni 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20

con i seguenti valori medi e deviazioni standard:

Marzo 2009: 16.2 ± 4.5 mBq/m2/s     –       Marzo 2004: 17.7 ± 4.3 mBq/m2/s

La conclusione dello studio è che la variazione calcolata nel flusso di emissione medio di Radon fra Marzo 2009 e Marzo 2004 è pari a -1.5 mBq/m2/s (circa -8.5%) e che tale differenza è ampiamente minore dell’intervallo di incertezza nella stima di flusso effettuata con la tecnica sopra descritta. In altre parole, la conclusione è le seguente: le misure effettuate in atmosfera presso i locali del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università dell’Aquila durante Marzo 2009 non mostrano alcuna variazione STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVA del flusso di emissione di Radon.

Iniziato il processo di appello a L’Aquila

Ieri, dieci ottobre 2014, in Corte d’Appello all’Aquila è iniziato il secondo atto del processo agli esperti presenti alla riunione del 31 marzo 2009. Sotto accusa ci sono i sette condannati in primo grado (il 22 ottobre 2012) a 6 anni di reclusione per omicidio colposo e al risarcimento di diversi milioni di euro.

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L’udienza di ieri è stata dedicata alla presentazione della sentenza di primo grado e dei contenuti degli appelli da parte della Giudice, alla presentazione dell’accusa da parte del Procuratore Como, a una prima esposizione di uno degli avvocati delle parti civili. La richiesta della Procura è stata la conferma della condanna a 6 anni di reclusione per tutti gli imputati e alla cancellazione delle pene accessorie, attribuite in primo grado. È stato inoltre stilato un serrato calendario delle prossime udienze (17, 18, 24 e 25 ottobre) che dovrebbe portare alla sentenza il 31 ottobre.

Noi siamo fiduciosi che in questo grado di giudizio si riconsidererà la posizione degli imputati al processo. Ricordiamo che il nostro collega Giulio Selvaggi, in quel periodo direttore del Centro Nazionale Terremoti, fu invitato alla riunione da Boschi (allora presidente dell’INGV) per illustrare una relazione tecnica sull’andamento della sequenza sismica stilata dagli esperti dell’INGV e autorizzata dal suo collegio d’Istituto; egli non era un membro della Commissione grandi rischi, non era autorizzato a fare valutazioni del rischio che infatti non fece; né lui né Boschi hanno rilasciato interviste in quella sede né hanno partecipato alla conferenza stampa tenutasi dopo la riunione.

Appeal of L’Aquila Process began

On October 10, 2014 at 9.30 a.m. at the Court of Appeal of L’Aquila began the session of an appeal with respect to the convicted experts, who participated in the March 31, 2009 meeting of the National Commission for forecasting and preventing great risks. On October 22, 2012 the trial court sentenced the seven experts for manslaughter to 6 years in prison and an additional payment of 7 million Euros.

The panel of judges of the Court of Appeal is chaired by Fabrizia Ida Francabandera, Carla De Matteis and Marco Flamini. The prosecution will be represented by the general attorney Romolo Como.

The yesterday’s session was devoted to the Judge presentation of the first-instance verdict and the subsequent appeals, to the presentation of the prosecution by the attorney Como, and in a first discussion of to one of the lawyers. The Public Prosecutor’s request was the confirmation of the sentence to 6 years imprisonment for all the accused and the cancellation of accessory penalties. It was decided a tight schedule of upcoming sessions (17, 18, 24 and 25 October), which should lead to the judgment of 31 October.

We are confident that in this level of judgment the judges will reconsider the position of the defendants at trial. We would like to recall that our colleague Giulio Selvaggi – at the time director of the National Earthquake Center – was invited by Boschi -at the time INGV-President – to participate in the meeting exclusively for illustrating a technical report on the seismic sequence, compiled by INGV experts and authorized by the INGV board; he was neither a member of the National Commission for forecasting and preventing great risks, nor he was authorized to express any risk assessment; neither Selvaggi nor Boschi gave interviews at that time, and both did not attend the press conference held after the meeting.

“Scarico di energia” e i terremoti a Gubbio

A cinque anni dalla riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009, si parla ancora di “scarico di energia”. Facciamo chiarezza analizzando i terremoti della sequenza che continua a interessare l’area di Gubbio.

La sequenza sismica che sta interessando oramai da molti mesi la provincia di Perugia ha avuto negli ultimi giorni una ripresa con alcuni terremoti di magnitudo superiore a 3.0 avvertiti dalla popolazione. L’attività che dal 2010 aveva prima interessato il settore tra Gubbio e Pietralunga, con alcune migliaia di terremoti e magnitudo massime di M=4.0, si è concentrata ora più a nord-ovest, a metà strada tra Città di Castello (PG) e Apecchio (PU), con magnitudo massima M=3.3.

Figura 1. Sismicità nella zona di Gubbio dal 2010 alla scorsa settimana (in blu): sono evidenziati in giallo i terremoti della sequenza dell’aprile 2010, in verde quelli del marzo 2013 e in rosso la sismicità di questi giorni. Fonte: Blog INGVterremoti.

Figura 1. Sismicità nella zona di Gubbio dal 2010 aggiornata alla scorsa settimana in blu. Sono evidenziati in giallo i terremoti della sequenza dell’aprile 2010, in verde quelli del marzo 2013 e in rosso la sismicità di questi giorni. Fonte: Blog INGVterremoti.

Nella regione umbro-marchigiana sono presenti numerose faglie attive, concentrate lungo l’Appennino. Qui la catena montuosa si deforma, allargandosi perpendicolarmente al suo asse, a una velocità di circa 3 mm all’anno. Il modello tettonico più accettato dagli studiosi prevede che tale deformazione sia accomodata da un sistema di faglie, con movimento estensionale, a direzione prevalente nord-ovest/sud-est, fra cui la Faglia di Gubbio. L’individuazione delle faglie attive e delle loro geometrie in profondità si ottiene anche grazie allo studio della sismicità, che in quest’area viene rilevata da una rete molto densa di sismometri. È possibile affermare che la sismicità registrata nella zona di Gubbio a partire dal 2010 ha interessato diverse faglie. Per approfondimenti si veda il post sul blog INGVterremoti.

La modalità con la quale avviene il rilascio sismico che stiamo osservando in questi mesi porta il nome di sciame sismico. Il termine sciame sismico deriva dall’inglese seismic swarm e fu coniato alla fine dell’Ottocento, poi usato estesamente in tutta la letteratura scientifica americana ed europea. Con sciame si intende un periodo sismico che non è caratterizzato da un terremoto principale (mainshock) e dalle sue repliche (aftershock), ma un processo sismogenetico durante il quale gli eventi più forti si distribuiscono nel tempo in maniera casuale.

La domanda che ci poniamo è: quanta energia è stata sprigionata durante lo sciame sismico di Gubbio? Prima di tutto troviamo il parametro che meglio rappresenti l’energia dei terremoti. La migliore stima di questa grandezza è rappresentata dal momento sismico (indicato con M0). Tecnicamente, M0 misura il momento di una coppia di forze equivalente alla deformazione che osserviamo durante i terremoti e per questo si chiama momento sismico. La magnitudo (indicata con la lettera M) è invece un modo semplice e intuitivo di esprimere questa grandezza con numeri piccoli ed è proporzionale al logaritmo del momento M0 (viceversa, M0 è proporzionale a 10M). La magnitudo, sebbene sia meno precisa per i forti terremoti, si può misurare più rapidamente e per questo viene usata comunemente.

Figura 2. Sismogrammi e rappresentazione visiva della energia rilasciata da terremoti di M=4, M=5 ed M=6.

Figura 2. Sismogrammi e rappresentazione visiva dell’energia rilasciata da terremoti di magnitudo M=4, M=5 ed M=6. Fonte: Terremoti e maremoti. INGV-Giunti Progetti Educativi, 2010.

Dal 2010 ad oggi, nell’area di Gubbio sono avvenuti 45 terremoti di magnitudo maggiore di 3.0 (come indicato dalle colonnine verdi in Figura 3). Se traduciamo la magnitudo in momento sismico e ne sommiamo i valori per tutti i terremoti, otteniamo un momento sismico complessivo pari a Mo= 4*1016, che equivale ad un unico terremoto di magnitudo M=4.8 (linea nera in Figura 3). Possiamo quindi dire che, se tutta l’energia liberata negli oltre quaranta terremoti che sono avvenuti a Gubbio fosse stata liberata in una singola scossa, questa avrebbe avuto una magnitudo pari a 4.8. I restanti terremoti di piccola magnitudo non influenzano in maniera significativa questa stima.

Figura 3. Numero di terremoti dal 2010 (asse a sinistra e colonnine verdi) e il valore del loro momento sismico cumulato  nel tempo (asse a destra e linea nera). La linea rossa indica il momento sismico M0=1018 di un terremoto di magnitudo 6.

Figura 3. Numero di terremoti avvenuti nell’area di Gubbio dal 2010 ad oggi (asse a sinistra e colonnine verdi) e il valore del loro momento sismico cumulato nel tempo (asse a destra e linea nera). La linea rossa indica il momento sismico M0=10^18 di un terremoto di magnitudo 6.0.

Un’altra domanda che ci viene spesso rivolta è se da questa osservazione possiamo trarre un giudizio di cauto ottimismo proprio perché c’è stata una costante liberazione di energia. Purtroppo siamo molto lontani dal vero e per due motivi. Il primo deriva da quanto appena esposto e cioè l’energia che è stata liberata dall’intera sequenza è molto poca e corrisponde complessivamente a un terremoto modesto. Il secondo e più importante motivo è che il processo sismogenetico che porta alla nucleazione di un grande terremoto è molto più complesso. Di solito, osserviamo che l’area di faglia che si rompe in un grande terremoto non è solo quella interessata dallo sciame. Anzi, secondo alcuni modelli sismologici tale sismicità potrebbe aumentare o diminuire la probabilità di un forte terremoto, a causa delle variazioni dello sforzo sul piano di faglia; questo dipende molto dalla magnitudo delle scosse che avvengono prima del mainshock e dalla distanza e orientazione di queste rispetto alla faglia principale. Senza entrare in dettagli troppo tecnici sulla fisica della rottura nei terremoti, il concetto generale è che i forti terremoti non sembrano essere influenzati significativamente dalla sismicità di bassa magnitudo, che può o meno avvenire prima di una forte scossa, mentre sono influenzati da terremoti di magnitudo comparabile. A tal proposito si potrebbe far notare come la nostra storia sismica contenga numerosi esempi di attivazioni di faglie vicine tra loro dopo un forte terremoto e con differenze di tempi che variano da pochi secondi (Irpinia 1980, tre scosse in 40 secondi), a un giorno (Umbria-Marche 1997), a qualche giorno (Emilia 2012) a settimane (Calabria 1783), mesi (Friuli 1976) o addirittura anni (terremoto di Nicastro in Calabria meridionale del 1905 seguito nel 1908 da quello di Messina). Siamo ancora lontani dal comprendere in che modo e cosa influenza questa interazione tra strutture di faglia adiacenti.

L’erroneo concetto dello scarico di energia come elemento positivo è divenuto una vera e propria “leggenda metropolitana” che fu riportata anche dai mass-media nelle settimane prima del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. Lo stesso vice Capo Dipartimento della Protezione Civile di allora si pronunciò in questo senso prima della riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 Marzo 2009. Il tema dello scarico di energia come elemento positivo non fu però trattato durante la riunione della Commissione proprio perché senza alcun fondamento scientifico e anche perché non vi era contezza dell’intervista fatta poco prima dall’allora vice Capo Dipartimento. Al contrario, nei due comunicati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia al Dipartimento della Protezione Civile inviati nelle settimane prima del terremoto del 6 Aprile (febbraio e marzo 2009) si esprimeva chiaramente il concetto secondo cui la probabilità di un forte terremoto a L’Aquila non aumentava e neanche diminuiva a causa dello sciame in corso.

Per approfondire questi temi si veda l’articolo, uscito recentemente, di A. Amato e F. Galadini, 2014.